Una lettera di una docente sulle condizioni della cosiddetta “didattica a distanza”

Buongiorno,
 
sono un’insegnante, mi chiamo A. Z. e scrivo per chiedere lumi riguardo i comportamenti da adottare in questi straordinari frangenti e per condividere alcune estemporanee riflessioni con chi le vorrà leggere.
 
Ho visto quanto riportato nel sito del sindacato e, naturalmente, traggo conclusioni che NON concordano con le direttive del mio DS di cui riporto solo l’ultimo esempio.

Direttive che in questi giorni non solo non conoscono la benché minima etica comunicativa (credevo di essere un’insegnante e dopo quasi ventotto anni scopro che sono in una caserma: devo eseguire ordini!), ma nemmeno conoscono orario. Infatti arrivano a tutte le ore della notte e del dì e la maggior parte degli insegnanti, per non essere tacciata di disfattismo o, peggio ancora, di irresponsabilità nei confronti del Paese, si presta ad essere on line ventiquattro ore al giorno e trasmette ai colleghi le svariate circolari (?). Se ce la vogliamo dire tutta non mi piace nemmeno il tono con cui queste direttive vengono consegnate: qua e là ci sono termini che mettono a nudo non solo l’intenzionalità perentoria ma anche i vetero-pregiudizi nei confronti degli insegnanti che sarebbero portati ad essere sempre “recalcitranti” verso le novità.
 
Un altro argomento da sviscerare sarebbe pure quello della contraddittorietà delle stesse che un giorno la vogliono cotta e tre ore dopo la vogliono cruda. Ma la domanda fondamentale è: ha il DS il potere di decidere per tutti una piattaforma on line da usare quando la settimana prima non c’era nemmeno il collegamento internet a scuola? Men che meno il registro elettronico? La logica, e molti colleghi me compresa, dicono di no. Eppure c’è un fermento parossistico che sembra stracciare in pochi istanti diritti e tutele validi da anni. In linea generale non sono contraria alle lezioni telematiche, seppure trovo che ci siano diversi limiti, ma sono contraria per principio al modo brutale con cui queste lezioni vengono imposte. I tanto declamati diritti alla privacy non sono più validi oppure valgono solo per qualcuno e non per noi docenti? Io non bramo di distribuire a destra e a manca la mia e-mail, nè tantomeno installare fantomatiche app ai miei dispositivi informatici perché qualcun altro me lo impone. In altre parole voglio essere completamente consapevole di cosa installo e cosa comporta tale installazione sia a livello di sicurezza dei dati, sia a livello di tutela della mia privacy e in questo caso, mi spiace deludere chicchessia ma una dichiarazioncina del mio DS, seppure su carta intestata e con timbro scarabbocchiato, vale meno dell’inchiostro usato per scriverla. Voglio essere io l’artefice della scelta dal momento che poi dovrò risponderne. D’altra parte mi chiedo anche quali potrebbero essere le conseguenze disciplinari se mi rifiutassi di fare tutto ciò che fanno gli altri, perché il clima si sta arroventando e la follia è generale dando luogo a comportamenti degenerati.
 
Non voglio essere una Cassandra da strapazzo però l’amara verità è che questa drammatica occasione sta diventando un alibi per sminuire, depotenziare, umiliare il corpo docente e piegarlo ad agire in modo subordinato e irrazionale imputandogli colpe o mancanze che non ha. C’è molta aria di vendetta e di ridefinizione dei ruoli e pare che quest’ultima sia volta a ridimensionare verso il basso la potenzialità dei docenti e, di conseguenza, la qualità della scuola. La verità è che la scuola non è pronta e non ha gli strumenti, le famiglie non sono pronte né preparate e neppure loro hanno gli strumenti; gli insegnanti non sono stati formati, non sono pronti e, molti, non hanno gli strumenti (altre domandine facili facili che sgorgano dal profondo: chi paga internet? di chi è il tablet, computer, lo smart phone? è scritto sul CCNL che ogni insegnante deve mettere il suo tablet, computer, etc. obbligatoriamente a servizio del suo datore di lavoro? è obbligatorio “per contratto” possedere uno di questi oggetti? Strano, me lo devo essere persa). La verità è che la scuola non si fa da una piattaforma, ma da una cattedra; se le lezioni a distanza possono andar bene per gli studenti grandi (non sempre) difficilmente sono proficue con chi ha appena imparato a leggere e a scrivere, se così fosse basterebbe essere dotati tutti di un PC e con un semplice collegamento ti tengo il bambinetto inchiodato per cinque ore e mezza al video a fare esercizi con i BAM.
 
Credo che sia importante, proprio durante un’emergenza epocale mai vissuta prima da nessuno di noi, non mandare all’aria anni e anni di lavoro: qui stiamo cedendo totalmente i nostri diritti e le nostre libertà professionali primarie sull’onda esclusiva dell’emotività senza riuscire a vedere oltre il nostro naso!
 
Le scelte frettolose che ora facciamo con i nostri atteggiamenti e comportamenti altrettanto frettolosi e smaniosi di dimostrare efficienza, costituiranno un fantastico paradigma per il futuro quando, si spera, questa situazione di eccezionalità sarà finita. Il DS, o chi per lui magari un SOCIAL!?, deciderà motu proprio cosa si deve fare e cosa no  e a quel punto il Collegio dei Docenti sarà un organismo svuotato completamente, senza più nessun significato. Forse a quel punto qualcuno si sveglierà come da un brutto sogno e si renderà conto che il sogno ha preso il posto della realtà, sarà però troppo tardi per tornare indietro.
 
Aspettando un riscontro consegno con un senso di impotenza e amarezza questa mia e mando i miei saluti più sinceri,
 
A.Z.